Le banche italiane sono davvero a rischio?

Le banche italiane stanno attraversando un momento di grande turbolenza; quattro banche sono state commissariate e costrette alla ricapitalizzazione dal governo, il nodo delle sofferenze bancarie non è stato ancora sciolto per cui molte banche sono appesantite nel loro capitale dagli accantonamenti e quindi non erogano credito, la nuova normativa europea sul bail in – che mette in discussione oltre agli azionisti anche i correntisti in caso di crisi aziendale – ha dato un nuovo colpo alla credibilità del sistema bancario italiano. Questo ha comportato una forte perdita di valore in borsa delle azioni bancarie, con alcune punte di maggior difficoltà (vedi il caso del Monte dei Pachi di Siena, la più antica banca europea, che non esce dalle secche della crisi e che ha già perso il valore della recente ricapitalizzazione), ma con un attacco che ha coinvolto anche le maggiori e solide banche italiane, come Unicredit e Intesa san Paolo, che sono state colpite duramente dalla speculazione di borsa.

Se a questo scenario si aggiungono le incertezze dovute alla legge che obbliga le banche popolari più grandi a quotarsi in borsa (e quindi ad accettare criteri di valutazione molto più rigorosi e poi sottoposti al mercato) e poi la legge in preparazione mirante a rendere più solido il frastagliato mondo delle banche di credito cooperativo, la situazione di confusione cresce.

Ma è davvero a rischio il mondo bancario italiano? E davvero la speculazione colpisce in modo razionale un mondo debole e soggetto a scossoni? Andiamo con ordine e vediamo che le cose non stanno così.

Per quel che riguarda il problema delle sofferenze bancarie si deve dire che le banche italiane sono capitalizzate in modo adeguato, quindi il problema non è quello del rischio di bilancio. Il problema sta nel fatto che con il peso delle sofferenze le banche non possono offrire credito al mondo dell’economia reale, e questo è un grave problema, ma che riguarda la crescita italiana, non la solidità delle banche. Ben diverso è il caso di bilanci di molte banche europee che hanno i bilanci gonfi di titoli tossici, la cui svalutazione – o per meglio dire, l’incertezza sulla valutazione – è tale da creare una reale e grave crisi di redditività. Quindi il nostro sistema bancario è più solido nel suo complesso, e la speculazione ha poco senso, ed è dettata più da ragioni politiche o psicologiche che da ragioni economiche e di valutazione del rischio.

Così è per le  riforme delle banche popolari e delle banche di credito cooperativo. Qui ci sono rischi per gli azionisti, che si possono trovare in condizione di scoprire che i loro investimenti azionari non valgono quello che gli era stato proposto. Un problema di credibilità, ma a vantaggio di una maggior trasparenza, cosa che può portare – specialmente a livello locale – delle fasi di incertezza, ma che nel medio e lungo periodo si definisce come un vantaggio.

Dunque un  sistema, quello bancario italiano, che va verso la razionalizzazione, e che è solidamente capitalizzato. La speculazione non ha un senso compiuto ed è facile aspettarsi che sarà sconfitta.